IL TRIBUNALE
   Ha  emesso la seguente ordinanza nel processo penale iscritto al n.
 73/1996 r.g. trib. a carico di Liparota Antonio per il reato  di  cui
 all'art. 73 d.P.R. n. 309/1990;
   Rilevato   che,   nel  corso  del  dibattimento  odierno,  il  sig.
 Mastroianni Francesco, imputato di  reato  connesso  in  procedimento
 gia'  definito  mediante sentenza di applicazione della pena ai sensi
 dell'art. 444 c.p.p. in data 27 febbraio 1996, si  e'  avvalso  della
 facolta' di non rispondere e che e' mancato l'accordo delle parti per
 dare  lettura  delle deposizioni rese dal Mastroianni nel corso delle
 indagini  preliminari  davanti  al  pubblico  ministero,  e  cio'  in
 applicazione  dell'art.  513, comma 2, come modificato dalla legge n.
 267/1997;
   Ritenuto che, sulla base delle fonti di prova indicate nel  decreto
 che  dispone  il  giudizio  e  delle  richieste di prova avanzate dal
 pubblico ministero ed ammesse dal tribunale,  le  dichiarazioni  rese
 dal  Mastroianni  potrebbero  assumere carattere decisivo, per cui la
 questione  di  illegittimita'   costituzionale   appare   chiaramente
 rilevante;
   Ritenuto  che  la  disciplina contenuta nella suddetta norma appare
 costituzionalmente  illegittima  sotto  vari  profili,  per  cui   il
 tribunale intende sollevare d'ufficio la relativa questione;
   Ritenuto, in particolare, che la norma in esame contrasta:
     a)  con  l'art.  101,  secondo  comma,  della  Costituzione, come
 interpretato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 88  del  12
 maggio  1982,  in quanto il libero convincimento del giudice non puo'
 essere subordinato alla volonta' o all'interesse dei singoli, il  che
 avverrebbe   qualora   l'utilizzabilita'  delle  dichiarazioni  venga
 subordinata alla esclusiva valutazione del coimputato;
     b) con l'art. 24 della Costituzione, nel senso  che  la  facolta'
 concessa  dalla  norma  processuale  in esame a ciascuna parte di non
 prestare il consenso alla lettura di dichiarazioni rese dall'imputato
 di reato connesso paralizza o, comunque, riduce il diritto di  difesa
 della parte civile e degli altri coimputati che vi abbiano consentito
 in previsione degli effetti favorevoli ottenibili dalla lettura;
     c)  con  l'art.  3  della  Costituzione,  in quanto i commi 1 e 2
 dell'art.  513 c.p.p., pur  contemplando  situazioni  sostanzialmente
 uguali  (dichiarazioni  rese  dal  coimputato  e  dichiarazioni  rese
 dall'imputato di reato connesso), le disciplinano in maniera diversa,
 nel senso che le prime sono utilizzabili  nei  confronti  di  ciascun
 coimputato consenziente, mentre le seconde sono utilizzabili solo con
 il  consenso  di  tutti gli interessati; in quanto, inoltre, crea una
 irragionevole disparita' di trattamento rispetto alla utilizzabilita'
 di dichiarazioni rese da testimoni irreperebili, deceduti  o  che  si
 rifiutino  di  rispondere  ovvero  rendano  dichiarazioni difformi da
 quelle rese in precedenza (v. artt. 512 e 500, comma 4,  c.p.p.);  in
 quanto,   infine,  viene  concessa  una  minore  tutela  al  prossimo
 congiunto che nel dibattimento  si  avvalga  della  facolta'  di  non
 rispondere,   aprendo   cosi'  la  possibilita'  alla  lettura  delle
 dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari  (art.    512
 c.p.p.;  v.  Corte  costituzionale  n.  179  del 1994), rispetto alla
 disciplina relativa alla lettura  di  precedenti  dichiarazioni  rese
 dall'imputato  di  reato  connesso,  che  nel dibattimento si avvalga
 della facolta' di non rispondere;